Quando si tratta di autori affermati, di intellettuali e critici non esiste una entità incrollabile che li tiene incollati ad altre menti come con un matrimonio di sangue.
Logicamente mi pare una grande assurdità. Nei premi, i giurati sono entità singole con un gusto proprio, uomini e donne, professionisti e intellettuali che poi si confrontano, ma tra di loro non hanno una comunione a un idolo invisibile legato al logo del premio.
Non è affatto così.
Ci può essere una influenza di pensiero, una amicizia, un affetto e una fratellanza di fondo ma nella libera partecipazione democratica. Questo è essere civili e comportarsi in modo eticamente e professionalmente valido.
Accanirsi per i premi è da cafoni, e non ci appartiene. Siamo liberi, vincolati solo ad un principio di professionalità etica e responsabilità collettiva.
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