Ekphrasis, p. 53, Origami
Lavorava tutti i giorni, soprattutto dopo il trasferimento dalla vecchia sede di “Origami” alla nuova, non aveva un minuto di pace. Nel delineare i suoi pensieri però trovava Rossana, una donna bellissima che portava un taglio di capelli morbido fino alle spalle, e indossava camicette. «Avrei dovuto chiamarmi Letizia, Rossana è un nome che non mi piace» diceva sorridendole, «dai non lamentarti! Aiutami a portare questi scatoloni nel nuovo ufficio», le rispondeva. Il capo non era preoccupata per la direzione della biblioteca, sapeva di aver delegato Nina per le cose più urgenti, è che si sentiva anche un po’ scossa dopo il matrimonio. Aveva ancora per la testa la lista per gli invitati, un numero non basso, giornalisti e artisti provenienti da diverse parti del mondo, la redazione tutta di “Origami” e del giornale di Itaque. Sentiva il desiderio di doverne parlare con qualcuno, di come era andata. Rossana chiusa in una camicetta bianca, coi suoi occhi da cerbiatta la convinse a parlare chiudendo la porta del nuovo ufficio, così il capo cominciò a piangere. Rossana non era proprio la persona ideale a cui confidare i suoi pensieri più intimi ma era esausta, aveva delegato Marianne per altre commissioni e non aveva avuto ancora il tempo di pensare a quello che le era accaduto. Si sedette alla scrivania e cominciò silenziosamente a respirare per evitarsi un attacco di panico, poi prese da una busta una lattina di thè, e una confezione di insalata russa. Aprì a parte le forchette di plastica che si era portata dalla mensa e pensando al quotidiano di Itaque, del marito Miso, non le pareva vero quello che aveva vissuto, le sembrava di essere in una opera teatrale.
Sabatina Napolitano
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