Lei sta seduta davanti a te ora, ce l’hai davanti. L’hai accompagnata tu, siete arrivati insieme all’università ma vuoi immaginare che sia una tua collega, una studentessa fuori corso, che insomma non sia tua. È bella. Sabatina. La chiami Sabatina non usi mai diminutivi perché vuoi chiamarla Sabatina. Il suo nome ti è sempre piaciuto, come ti è sempre piaciuto baciarla prima delle lezioni.
Potrebbe venire da ridere, potresti sorridere ma in realtà oggi sei malinconico, di tanto in tanto ti viene quella malinconia del passato quando ti guardavi allo specchio e lei non era tua, ma sembrava essere di un altro. Non potevi darti pace.
Sopratutto non potevi darti pace quando i tuoi colleghi imbecilli ti mancavano di rispetto prendendola velatamente in giro, lei, un premio Nobel italiano, una dea, erano vecchi, professori vecchi e imbecilli ma tu dovevi stare zitto perché eri legato all’università e soprattutto dovevi stare lì per difenderla.
È davanti a te, seduta alle prime file e ti sente spiegare. Non è mai voluta venire ad una tua lezione, mai, l’hai convinta dopo quattro anni che state insieme e tu ti senti ancora innamorato come un bambino. Lei è sexy. Ed è tutte le tue migliori studentesse e tutti gli sguardi delle tue migliori e peggiori studentesse. È tutte loro, ma non avevi modo di dirglielo attraverso delle slide.
Ma adesso cosa sta facendo? Ha preso la borsa che teneva sulle gambe e si è fatta indietro, poi si è seduta alle ultime file, tranquilla e ti ha guardato con lo sguardo profondo di una ex moglie. E ti sei freddato.
Sei sempre riuscito a fare tutto senza di lei, per una vita intera, ma da quando c’era tu sapevi che alla fine della lezione avresti letto un suo messaggio con dei documenti o degli articoli da un giornale, o una nuova mostra. Ma ora lei era lì, dovevi fare qualcosa. L’università sembrava spenta.
La sua lontananza e il suo sguardo ti ha lasciato un alone di gelosia dentro, lo stesso impercettibile sentore di sangue che ti lasciava ogni volta che incontrava uno dei tuoi colleghi, ma soprattutto quando incontrava lui. Ti dava ai nervi vederli insieme ma poi hai compreso che la loro era una comunione psichica utile a renderli salvi e non riuscivi a dividerli, lei non ti avrebbe mai tradito, era troppo orgogliosa per tradire.
Tuttavia dovevi far sentire che il maschio eri tu, che sei tu il marito. Quindi ti guardavi la cintura, ti sedevi alla cattedra, stringevi i pugni ma restavi sereno. Concentrato sulla lezione, scorrevi le slide, indicavi parole col puntatore elettronico.
Volevi non guardarla, dopo quattro anni non si può essere così stupidi come i primi giorni, volevi non guardarla negli occhi durante la lezione ma quella era come la prima lezione della tua vita. E per un attimo nella pausa l’aula si spense di nuovo. Sei seduto e guardi il pc, hai alcuni minuti e speri di trovare un suo messaggio su whatsapp ma nulla. Una mail? Niente. Era lì, ma ora non la riuscivi più nemmeno ad intravedere forse era al bagno o peggio ancora nei corridoi a parlare con un tuo collega.
Non hai potuto fare a meno di immaginarla sulla cattedra mentre ti veniva vicino con una delle sue scollature tonde. Coi capelli lunghi e l’odore della sua saliva che ti riempiva il cervello. Era tua moglie sì ma era la donna più bella che tu avessi mai incontrato.
Non è ancora entrata, sei nervoso, guardi l’orologio. Forse dovresti uscire o chiamarla. Ma non è un atteggiamento maturo chiamare tua moglie perché non la vedi in una pausa alle tue lezioni. L’avresti stesa sulla cattedra non è così? Sì, l’avresti stesa sulla cattedra mentre tutti sarebbero scomparsi e rimaneva solo lei con la gonna alzata pronta per farsi desiderare e amare.
Era una delle tue perversioni da sempre, ammettilo. Toccare il fondo era veramente eccitante ma non potevi farlo. Non avevi mai desiderato una tua studentessa in tutta la vita, mai nemmeno la più bella, ti bastava tua moglie eri ossessionato dalla sua figura.
Il fatto che non trovassi il suo sguardo ti rendeva nervoso, ma eccola che finalmente sta entrando, luminosissima, giovane, vivace e suadente come sempre. Avresti dato la tua vita in cambio della sua. Ti piaceva vederla mangiare, vederla ridere e godere. Se lei non godeva tu ti immalinconivi e avresti fatto di tutto per renderla felice. Anche se i primi tempi dovevi fingere, sì, per conservare il tuo posto, per fare in modo che lei non si isolasse del tutto. Dovevi fingere e mantenere duro.
È così bella, ora si siede, la madre dei tuoi figli resta sempre così intellettuale e fresca, le avresti dato il mondo, la luna, ma sopratutto il tuo cazzo quando sareste tornati a casa nel luogo in cui potevi ricordarle che il marito sei tu, l’uomo sei tu e che hai bisogno di lei come donna. Ne hai bisogno per la tua salvezza, per le porte della tua anima.
Sabatina Napolitano
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